L’annoso problema dell’agibilità del porto viene affrontato per la prima volta con l’investimento per una draga ed un’imbarcazione per il trasporto in mare dei materiali dragati. Il racconto di Dante Tosi ci illustra come i riccionesi a Venezia scelsero i mezzi.
DANTE TOSI, MICHELE BUSILACCHI E GINO ARCANGELI A VENEZIA
Si partì col treno per Venezia in missione esplorativa per conto del Comune, alla ricerca di una piccola draga effossoria per l’escavazione in economia del nostro porto.
Eravamo: Michele Busilacchi, comandante di draghe statali, Gino Arcangeli, responsabile del porto e del mercato ittico ed io, per conto dei pescatori.
Partivamo sulla traccia di un avviso di vendita pubblicato da un bollettino di macchine industriali usate. Arrivammo a Venezia e a piedi ci incamminammo per le Zattere per incontrare il signor Calzavara, titolare di una provveditoria di bordo per bastimenti, il quale ci fece vedere alcune fotografie di una piccola draga a catenaria; poi ci portò, con un “topo”, all’isola sede del Cimitero della Città. Da una porticina andammo a vederla al lavoro di riporto per rincalzare le mura di cinta esterna del luogo sacro.
I TEST PRIMA DELL’ACQUISTO
Era piccola che anche per l’effetto acqua sembrava ancora più minuta, ma aveva tutto di una normale draga (compiuta, come una nana). Tutto il pomeriggio lo impiegammo a girare, sempre a bordo dello sgusciante “topo”, per i canali a visitare depositi e cantieri alla ricerca di una bettolina per il trasporto in mare dei materiali dragati. Trovammo una vecchia “maona”, cioè una chiatta che era servita per il trasporto di munizioni, ancora ai tempi della prima guerra mondiale. A prima vista ci “riempì l’occhio”, ci piacque, sembrò adatta anche se sembrava un relitto rugginoso.
Forti dell’idea che per sapere s’é maschio o femmina bisogna guardarci sotto la coda, andammo, al massimo dei giri del piccolo fuoribordo, dritti alla Giudecca, al cantiere navale Tagliapietra per sentire se poteva essere trasformata in una bettolina portafango con il fondo apribile. Detto fatto, mandarono a prendere la “maona” e tosto la tirarono sullo scalo; i calafati la guardarono per bene, la picchiettarono per saggiare la ruggine, la tastarono battendola con le nocchie (come si fa coi cocomeri per sapere se sono maturi), ne seguì un conciliabolo tecnico che sentenziò che si poteva fare. Soddisfatti riprendemmo il treno per Riccione.
L’ARRIVO DELLA DRAGA
Il Comune perfezionò i contratti d’acquisto e di trasformazione. Dopo molte lune di impaziente attesa fu preannunciato il loro arrivo, via mare. Sul molo si era tutti a scrutare il mare, che maestoso era piatto e senza vento; a un tratto si sente la voce di un vecchio marinaio che dice: “l’è lor”, sono loro. Per la verità noi terricoli, non dotati della sua acutezza, non vedevamo nulla.
Poi, pian piano si materializzarono -a tramontana- tre puntini che via via prendevano forma: un piccolo corteo con la draga, la bettolina e il battello che le trainava… quasi una marcia trionfale.
E la rudezza dei pescatori si sciolse in un accenno di applauso.
Dante Tosi