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C’era una volta il dancing…Lopez racconta

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Riccione e i suoi locali da ballo raccontati da Lopez Luigino Pronti. Dalla zona del mare con Savioli, il Florida, il Vallechiara e tanti altri fino a salire in collina con il Poggio, il Tam Tam e il Panoramica. Nomi e gestioni che si rincorrono nel mondo della notte riccionese.

Luigini Protti “Lopez”

Lopez, al secolo Luigino Protti, racconta le potenzialità che la nostra città vantava dagli anni ’60 sino alla fine degli anni ’80 rispetto al divertimento, nello specifico danzante. “Ibiza era qui una volta!” racconta con vivacità e convinzione.

“Riccione aveva il monopolio del divertimento, perché da nessuna parte esisteva una concentrazione tale di locali da ballo, e comunque anche quelli di Misano, Cattolica o Rimini erano condotti da riccionesi.

Siamo noi infatti che abbiamo sempre avuto una propensione speciale per organizzare lo svago dei nostri bagnanti, e dirò di più: non solo i gestori si impegnavano in questo senso, ma la comunità intera in estate era devota al turista, che cercava di coccolare in tutti i modi. E non solo per un’insita cortesia e cordialità ovviamente, ma anche perché rappresentava questi una ricchezza, per le categorie economiche che prima di tutte si prestavano a tale ‘missione’ (albergatori, bagnini, negozianti), ma in generale per tutti coloro che indirettamente ne traevano i relativi vantaggi.

LA GEOGRAFIA DEI LOCALI DA BALLO
Eccoli, non elencati per data ma per collocazione, partendo dalla zona sud e verso nord: “La Baita” di Tirincanti poi ”Bollicine”, che si trovava in zona Terme; il ”Mistrà”, poi ”Tre Fontane”, allestito dentro il giardino delle Terme; il ”Cocorito” di Rabboni, posizionato in via Trento; “Il Gabbione”, dove poi abbiamo visto il supermercato Abissinia; il ”Papillon”, in un gradevole spazio interrato sul viale Gramsci; il ”Florida” di Barilari Bisio, un dancing mitico dove si sono esibiti nomi prestigiosi.

Virgilio Tosi al Vallechiara con le gemelle Kessler

Il ”Vallechiara” che si chiamava prima ”Paradiso”, nome cambiato su insistenza del parroco perché considerato un po’ blasfemo; (era di Spadini e Bezzi “Bafiti”). Assieme al ”Savioli” e al ”Florida” un’icona del settore. ”La Stiva” sotto l’Hotel De la Ville, un posto più piccolo e appartato; ”Milan de Not” nel palazzo dove ora c’è il Canasta sul viale Ceccarini e collocato sul terrazzo all’ultimo piano; il ”Rendevue” poi ”Carillon”, sempre sul Ceccarini dove poi arrivò l’Emporio Armani, sempre su un terrazzo, e dove sotto c’era una delle prime sale giochi assieme a quella del Zanarini; il ”Cincillà”, un locale in viale Ceccarini dove ora c’è la boutique Ferretti; il “Colosseum” diventato poi il “Bonnie e Clyde” a Villa Mussolini coi “factotum” Jimmy e Adriano Colombo, sotto il condominio a fianco Villa Mussolini.

Jimmy e Adriano Colombo, gestori del Bonny e Clyde.

Il “Park”, dove ora c’è il parco delle Magnolie sempre aperto da Bezzi e diventato preso il quartier generale del gruppo “I Ribelli” di Adriano Celentano; “La Stalla”, gestita da Paolo Bacilieri e che si trovava dietro all’Hotel Mediterraneo: è il primo night della Riviera Adriatica con tanto di vedette dello Striptease.

Cavalluccio Marino

Il ”Cavalluccio Marino” di Tonino Tosi (Martloun) sul porto, sulla cui terrazza si ballava con l’orchestra; la ”Bat Caverna”, sotto l’Hotel Nautico, un antro oscuro e psichedelico che rappresentò una vera novità. Il ”Savioli” di Bepi Savioli sulla via Dante che diventava una volta all’anno il regno degli artisti di musica e cinema, col Gran Premio dello Spettacolo; la ”Spaten”, birreria ‘ballerina’ negli ultimi anni gestita da Biagini e Fabbri; il ”New Jimmy’s” a metà via Dante, classica disco dance metà anni ’70; il ”Rio Rita”, nel giardino di villa Laura, un’ampissima area verde all’Alba; “Il Calderone”, dove poi venne aperto il Pepe Nero, di Fausto Brioli, una balera nostrana al ritmo di walzer e birra; “Bar Messico” di Luciano Corazza, con una terrazza frequentatissima anche dai residenti ‘a caccia’ di straniere; “La Punta dell’Est”, poi “Snoopy’s”, sopra il ristorante omonimo e punto di ritrovo importante anche in inverno; il “Sirenella” nella zona Marano che, anche se un po’ in periferia, ospitava leggendarie star della musica; il “Piper”, sempre zona Marano ma più all’interno verso Spontricciolo: un tendone da circo che in estate diventata la sede del mitico “Piper di Roma”, portandosi dietro Patty Pravo, i Rokes…

I LOCALI IN COLLINA
Spostandoci verso l’entroterra: il “Boschetto” di Casali in via Veneto dove ora c’è il supermercato; il “Tam Tam” a Colle dei Pini, nell’area dove poi è sorta la villa di Bigucci e Fabbri; il “Pariolino”, trasformato poi in Pascià, che aprì grazie a Vannucci; “Il Poggio” di Spadini, diventato poi “Cocoricò” dopo essere stato anche “Fragolaccia” e “Club 99”; “Villa Alta” di Savioli, in seguito “Peter Pan”; il “Panoramica”, sempre di Savioli e di fronte a Villa Alta.

“Riccione era un palcoscenico nazionale sul quale importanti stelle dello spettacolo davano sfoggio di sé, e per gli emergenti poteva diventarne il trampolino di lancio. Questo per dire che non dobbiamo poi lamentarci se i turisti sono sempre meno – riassume Lopez- perché rappresentando Riccione, una località conosciuta per il divertimento, di divertimento ne offre ora molto meno, specialmente per la fascia di pubblico un po’ più matura.

Punta dell’Est

” Tanti gli aneddoti che non finirebbe mai di raccontare, uno per tutti: “Quando i riccionesi andavano in locali come il Savioli, se erano benestanti non c’era problema. Si sedevano, consumavano e facevano ciò che volevano; se invece erano un po’ squattrinati ma comunque di bella presenza, erano obbligati ad aprire le danze con le belle signore non accompagnate… e al secondo giro dovevano far ballare anche quelle meno interessanti. Il ‘prezzo’per poter starsene seduti in un locale di grido e magari conquistare qualche cuore… e non certo per bere. Il direttore del locale, infatti, per dare una buona impressione alle turiste e per stimolare gli altri a farlo, ai nostri ‘gigolò’ metteva costose bottiglie di vino sul tavolo… peccato fossero vuote!”.

Maria Grazia Tosi

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