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Francesco Cavalli, un esploratore dell’immagine

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Il riccionese Francesco Cavalli racconta la sua passione per la fotografia coltivata fin da adolescente. L’Africa è il suo continente preferito ma naturalmente tra gli scorci a cui è più legato c’è il mare di Riccione, soprattutto all’alba.

La copertina del N1 del 2021 di Famija Arciunesa con uno scatto di un dettaglio del porto di Riccione di Francesco Cavalli.

La fotografia rappresenta una delle passioni più antiche del riccionese Francesco Cavalli, da quando con la sua Pentax K1000 ancora quattordicenne amava catturare immagini mettendo in gioco il cuore… ma non meno la tecnologia. Un approccio ben miscelato che gli ha permesso nel tempo di espandere il proprio interesse verso altri e in qualche modo complementari campi espressivi.

Uno dei fondatori del prestigioso Premio giornalistico “Ilaria Alpi”, poi diventato DIG, Francesco tra le altre cose ha realizzato un bellissimo filmato sulla sua città, “Riccione. Racconti di un mito”, ed anche un libro “La strada di Ilaria”, un approfondimento sul caso Alpi sul quale assieme ad alcuni colleghi non ha mai smesso di indagare attraverso viaggi e reportage in Somalia; testo che è diventato lo scorso anno anche lavoro teatrale.

Francesco Cavalli

Quando e come è nato questo grande interesse per l’immagine e il racconto dell’immagine? “Praticamente a casa mia: grazie all’impegno di mio padre Giancarlo e alcuni amici, nell’81 è nata Radio Icaro, inizialmente un progetto di volontariato volto a favorire l’aggregazione giovanile e che nel tempo si è trasformato in professionale. Nel 2002 si è evoluto anche in Icaro Network, realtà di comunicazione, radio, televisione e video produzione della quale sono ora direttore generale. Anche se le foto e i video sono due linguaggi distinti, vantano grandi affinità: la scelta dell’inquadratura è comunque una scelta fotografica.”

Foto Francesco Cavalli

Con macchina fotografica o cinepresa in spalla, quali gli scorci più belli del mondo? “L’Africa è il mio continente preferito dal punto di vista affettivo; lì ho molti ‘fratelli’ e sono vicepresidente di un ONG che concretizza iniziative umanitarie in Kenya, Zambia, Sudan, indirizzate principalmente all’accoglienza dei bambini di strada. Nei viaggi che intraprendo, oltre a reportage più prettamente ‘lavorativi’ che mi vengono commissionati, dedico parte del mio tempo per realizzare le mie foto personali.”

Quanto la tecnologia incide nella possibilità di fotografare bene? “Non sono un dogmatico delle macchine fotografiche, utilizzo tanto una Canon 5D che una Nikon D750; mi piace anche il cellulare, col quale ho fotografato più della metà delle foto pubblicate su Instagram. Naturalmente ormai la fotografia è digitale grazie alla qualità della sua immagine… anche se non disdegno a volte il rullino. Con tutta la passione che ho per la tecnologia, ritengo però che la foto non sia nella macchina ma nell’occhio, nella capacità cioè di cogliere la bellezza e la verità delle cose. Ma anche rispetto al digitale si sta cambiando approccio. Se all’inizio dava la possibilità di fare migliaia di scatti a basso costo, ha una controindicazione: il tempo. Nel senso che alla fine ce ne vuole tanto per visionare e selezionare una moltitudine esagerata di immagini, e questo riporta all’attenzione per la scelta dello scatto.”

Foto Francesco Cavalli
Foto Francesco Cavalli

Ci sono percorsi nuovi verso ai quali ti stai incamminando in campo fotografico? “C’è una modalità tecnica che mi appassiona parecchio, a cavallo tra la fotografia e il video: il time-lapse, che può essere ottenuto processando una serie di fotografie scattate in sequenza e opportunamente montate o attraverso video che verranno poi accelerati, e che trova largo impiego nel campo dei documentari naturalistici. Mediante questa tecnica è infatti possibile documentare eventi non visibili ad occhio nudo o la cui evoluzione nel tempo è poco percettibile, come il movimento delle nuvole o lo sbocciare di un fiore.”

Maria Grazia Tosi

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