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Il dottor Federico Riccioni, dal 1907 il medico dei riccionesi per oltre 30 anni

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Il dottor Federico Riccioni è stato, dal 1907 e per oltre 30 anni, punto di riferimento per tanti riccionesi che ha curato a domicilio e in ospedale. In bicicletta o con il calesse rispondeva ad ogni chiamata. Quando Riccione divenne autonomo cedette la sua villa che divenne sede del Municipio.

IL DOTTOR RICCIONI E LA SUA RICCIONE
Federico Riccioni nasce il 14 febbraio 1875 ad Osimo e muore nella sua Riccione il 14 novembre del 1953. Il Dr Riccioni resta per molti una figura che non si può dimenticare, per molti motivi, fra i quali la sua umanità profonda, la serietà professionale, il senso del dovere e i tratti inconfondibili di un carattere forte che spuntava tra le pieghe di un animo gentile, immutato per tutto il tempo della sua onorata carriera.

Studiò medicina a Bologna, dove aveva trovato alloggio in casa del signor Innocenti che era cameriere del Cardinale. Innamoratosi della giovane Maria, figlia del padrone di casa e da lei corrisposto, pervenuto alla laurea, il dottor Federico la sposò e poi andò ad assumere una condotta a Riccione (frazione di Rimini) dove elesse il domicilio il 23 marzo del 1907. Erano anni, quelli, in cui l’esordio era duro per tutti, anche per i medici.

L’ARRIVO A RICCIONE NEL 1907
Come giunse a Riccione, prese in affitto una camera e cucina, su in «Paese», nella stessa casa dell’attuale farmacia Basigli, al primo piano. Quella farmacia esisteva anche allora, ed era gestita dal signor Lucio Amati, il quale dovette più volte prestargli la bicicletta, per le prime visite. Suo primo incarico, fu quello di mandare avanti l’Ospedale Ceccarini, in sostituzione del Dr. Pullé quasi sempre assente giustificato. Ed era lo stesso Dr. Pullé a stipendiarlo, nella misura di lire 150 al mese, fino a quando assunse la condotta, dopo di che a stipendiarlo fu il Comune di Rimini.

Il Dottor Federico Riccioni esce di casa per le visite giornaliere ai suoi ammalati, con la inseparabile bicicletta.

Allora il nostro dottore acquistò un calesse, perchè il giro era lungo: si trattava infatti di raggiungere le «case sparse» di campagna e di marina. In un secondo tempo prese in affitto una villetta di proprietà del signor Gamberini, detto «Marcòun», attigua all’ospedale. Successivamente il signor Ferdinando Pari gli costruì una casa in quel bellissimo parco da lui in seguito ceduta alla città di Riccione che, con la raggiunta autonomia, la trasformò in sede municipale. In quella casa nacquero i suoi due figli: Adriana, deceduta il 25-10-1911 e il Dr. Raoul, dirigente della Montecatini Edison a Milano, e presidente da parecchi anni del club nautico di Riccione, di cui il babbo fu uno dei fondatori. Trasferitosi definitivamente a Marina, visse per altri trent’anni in quella casa tuttora adiacente all’Hotel Savoia.

Villa Riccioni prima di essere trasformata nel Municipio di Riccione.

Gran galantuomo, ben degno di fregiarsi di tale titolo, sia in campo professionale che in quello umano e civile, in tutto il tempo della sua vita non fu mai udito pronunciare parole irriverenti contro chicchessia.

IL DOTTOR RICCIONI DURANTE LA PRIMA GUERRA MONDIALE A FANO
Appena arrivò a Riccione conobbe la «Lisa», una ragazzina che andava a fargli i lavori di casa e lui ne intuì la vocazione, la istruì e la promosse infermiera. Da allora la «Lisa» fu la sua aiutante; e come lui, incominciò a girare in bicicletta, notte e giorno per recarsi a fare la «puntura» a questo o a quell’ammalato. Poi ci fu la guerra del 1915-18. Anche il Dr. Riccioni fu richiamato e assegnato all’ospedale di Fano. Ma tutte le settimane veniva a rendersi conto della situazione dell’Ospedale Ceccarini e di quella dei profughi veneti affidati all’assistenza della cara «Isetta».

DOPO LA GUERRA RICCIONE SEGUE I PAZIENTI SOTTO LA FERROVIA
Dopo la guerra ripresa la condotta che, sdoppiata, seguendo la linea di demarcazione della ferrovia, venne assunta, quella a monte, dal Dr. Pier Giacomo Graziosi, Il quale lo sostituì anche come interno nell’ospedale, mentre lui, il buon Riccioni, a mare, continuava ad accorrere al capezzale del suoi malati, (in un territorio più ristretto, ma in continua ascesa per numero di anime), trattandoli con una confidenza affettuosa e rispettosa in pari tempo. I Riccionesi lo ricordano con una certa commozione e lo rivedono percorrere le strade con la inseparabile bicicletta (che con lo sdoppiamento della condotta era tornata a sostituire il calesse) sempre in abito bianco, d’estate; in abito chiaro nella mezza stagione; in abito scuro, con gambali, d’inverno. Chi si poteva incontrare nelle notti di quegli anni venti?… La Lisa, il Dr. Riccioni, oppure i compianti vigili Uneddu e Franco, e, nell’ora antelucana, il compianto vigile sanitario Morri, costantemente alla caccia delle annaffiatrici di latte…

Il documento amministrativo relativo alle assunzioni dal parte del neonato Comune di Riccione nel 1922. Nell’elenco al N2 si legge la presenza del dott. Federico Riccioni assunto come medico condotto con assegno mensile di 1334.33 lire.

LA MISERIA DEI RICCIONESI NEI PRIMI ANNI
Inizialmente, il Dr. Riccioni non poteva farsi pagare, perché i Riccionesi, avevano quasi tutti la «tessera di povertà». Con quei pochi che potevano, invece, combinava una specie di abbonamento annuo, dal quintale di grano dei coloni Polverelli, alle derrate alimentari dei diversi commercianti e bottegai locali, alle 10 lire annue degli ortolani!…

Nel tempo della condotta unica, oltre alle visite a domicilio e a quelle ambulatoriali, doveva prestare molte ore di servizio all’ospedale anche come assistente chirurgo. Poi i tempi migliorarono, ma come succede al solito, col benessere arriva presto la vecchiaia, e poi la fine. Suoi unici hobby, la filodrammatica, della quale fu l’animatore iniziale, il presidente, l’economo.. (Lo ricordo dietro le quinte mentre raccoglieva persino il chiodo lasciato cadere dal trovarobe, perchè nulla doveva andare sprecato) e il mare.

TRA I FONDATORI DEL CLUB NAUTICO DI RICCIONE
Lo amò tanto, il mare, che il 1» aprile 1933 assieme ad altri appassionati riccionesi fondò il CLUB NAUTICO RICCIONE, uno dei più vecchi della riviera adriatica, che resse come Presidente per oltre un decennio, coadiuvato fedelmente dall’allora giovane marinaio Gianni Fabbri. Anche a questa attività egli dedicò il poco tempo libero che gli consentiva la professione. I suoi libri contabili sono una esemplificazione della sua onestà: risparmiatore ad oltranza, quando si trattava di amministrare un patrimonio sociale.

Questa assione per il mare l’ha trasfusa nel figlio Raoul che gli successe nella «presidenza del Club» e il figlio a sua volta nel nipote, il quale, non ancora decenne difendeva con il suo «beccaccino» i colori del Club riccionese. Ciò per dire che buon sangue non mente…

Era modesto in tutto, il nostro medico. Persino nell’esigere il suo onorario che, a domicilio del paziente, sia che gli ammalati da visitare fossero uno o più di uno, restava vincolato alle note dieci lire, quali io ricordo negli anni 30. Poi venne la seconda guerra e negli anni cinquanta il definitivo ritiro, cui segui la malattia, poi la morte.

IL GRANDE GRAZIE AD ELISA
Due giorni prima di spirare tra le braccia della «Lisona» pregò sua moglie, la sua adorata Maria che lo ha raggiunto nella pace dei Buoni il 2 settembre 1973, di lasciare per lui un ricordo alla cara infermiera con la quale aveva lavorato in parziale simbiosi, e che ora lo stava amorevolmente assistendo ma senza poterlo, data la professionale competenza, confortare con le solite pietose bugie… Il ricordo consiste in una medaglia d’oro sulla quale volle fossero incise, con la data della morte, le seguenti parole: “Dal Dottor Federico Riccioni, alla sua Elisa, il 14-11-1953″.

Mentre guardavo quel ricordo gentile, che l’Elisa mi mostrava sorridente e fiera, intravvidi con gli occhi lucidi di commozione, immaginandone la prima parte, quel veloce arco di mezzo secolo di professione nobile ed onorata,  durante la quale l’indimenticabile dottor Riccioni, curò mio padre fanciullo, curò mia madre morente e i miei nonni vecchi, curò me per quasi trent’anni e curò i miei primi due figli fino all’inizio degli anni cinquanta.

Albo Casadei

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