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“Pane bianco”, ritorno alla vita di Romolo Bianchi dopo il campo di sterminio di Buchenwald

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“Pane bianco” il libro che narra la storia del riccionese Romolo Bianchi nel campo di sterminio di Dora a Buchenwald. Pagine di orrore, speranza e rinascita con il pane filo conduttore.

Il “pane bianco” come simbolo del ritorno alla vita. Quel pane quotidiano prima negato, poi donato con un inganno mortale nel campo di sterminio nazista, alla fine assume un profondo significato di libertà, lontano dall’orrore del lager.

Finalmente a Riccione, dopo l’esperienza del campo di concentramento. Romolo Bianchi con Elvira Pelliccioni, la sua “fornarina”. “Trovai un discreto lavoro per l’estate, in qualità di garzone fornaio, trovai anche la graziosa “fornarina” che poi divenne mia mogli”

Per Romolo Bianchi, rinato fornaio a Riccione nell’estate del ’45, dopo due anni di atrocità nel campo di sterminio Dora a Buchenwald il “pane bianco” è stato il ritorno alla condizione umana, la fuga dalle barbarie della guerra, la conquista di una nuova esistenza senza chiedere nulla a nessuno.

Una storia raccontata da Lorena Bianchi e Luigi Maria Piarulli capaci di mettere a fuoco racconti e ricordi della prigionia di Romolo. Storie di famiglia “ma il libro non sono mai riuscito a leggerlo tutto di un fiato” ci ha confidato Glauco Bianchi, figlio di Romolo, anche lui fornaio, “Troppo doloroso per me”.

 

 

“Si invocava la morte affinché venisse a liberarci da quell’insopportabile fatica di vivere che era il nostro patire quotidiano. Ma quando veniva il momento di distenderci ci si augurava di svegliarsi ancora”.

In copertina tra il filo spinato quel “pane bianco” che suona come antitesi benefica a quello avvelenato preparato dagli aguzzini nazisti per uccidere i deportati prima della ritirata. L’idea era di eliminarli tutti per non lasciare testimoni. Ma l’ultimo crimine venne sventato da un rigurgito di umanità di un ufficiale tedesco e Romolo tornò a casa e raccontò, racconta e vive ancora in queste pagine.

L’ingresso del campo di concentramento di Buchenwald, dove furono internate circa 238.980 persone provenienti da trenta nazionalità diverse.

Fu tra i lager dove si attuò principalmente lo sterminio tramite il lavoro: “Jedem das seine“,”Qualcosa per tutti“, la scritta all’ingresso.

Il numero complessivo delle vittime fu di 43.045, secondo alcune fonti di 56.554 secondo altre tra queste 11.000 ebrei.

 

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