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Pecci: ma per tutti semplicemente Eraldo!

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Nel 1975, quando è ormai un centrocampista affermato viene acquistato dal Torino dove resterà fino al 1981. I tifosi granata lo prendono subito in simpatia soprannominandolo “Piedone”, per via del suo numero di scarpe. Piedi che segneranno gol importanti e faranno sognare ogni tifoso con le loro giocate e con i passaggi ai “gemelli del gol” Pulici e Graziani. In granata accumula 154 presenze in campionato andando a segno 10 volte e con la squadra, composta anche da certi personaggi come appunto, Pulici, Graziani, Sala, Zaccarelli  vince lo scudetto nel  1976.

Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”: Italo Calvino, tirandoci le orecchie, forse pensava ad Eraldo. “Pecci, numero 8” rispondeva all’appello dell’arbitro pre-gara. La partita, una passione divenuta mestiere sui campi di serie A, a fianco anche di extraterrestri come Maradona “Il più forte di sempre e di tutti”.

Il calcio, per Eraldo un paio di occhiali con i quali leggere la vita, con una sensibilità pari al suo “piedone” educato. Con leggerezza, appunto. E così chiacchierando con il regista dai piedi buoni, oggi scrittore, commentatore, editorialista, si parla di calcio, ma se stai sveglio cogli l’assist e vai in profondità. E magari capita di fare goal.

Lui in campo, piu’ che altro, ne faceva fare, ma mettendo radici a Riccione ne ha segnato uno per lui molto importante. Proviamo a capire perché.

Intanto certifichiamo che tu abbia bevuto l’acqua del Beato Alessio. Sono nato a San Giovanni in Marignano, ma da 30 anni vivo a Riccione.

Hai vissuto in grandi città come Torino, Napoli e la stessa Bologna; cosa ti piace della dimensione della piccola città? “E’ chiaro che in quei contesti c’è un altro andare. Se ti fermi a parlare con uno, poi scappa via dal notaio oppure scatta il verde, ha sempre fretta di correre altrove. Qui ancora c’è tempo per le relazioni umane. Magari hai tempo di ammazzare il maiale e scambiarne un po’ con qualche triglia e due sardoni”.

ERALDO E LA SUA RICCIONE

I luoghi a cui sei piu’ legato di Riccione? “Qui non c’è una pinacoteca, ma abbiamo scorci dove star bene: il lungomare prima di tutto, il porto”. A proposito, Famija Arciunesa in passato ha lanciato la proposta di sistemare le panchine sopra i “montaloni”, le dune in sabbia antierosione, ti piace come idea? “Credo che il grado di civiltà di una comunità si misu ri anche dal numero di panchine presenti nella sua città. E’ una delle cose che noto subito quando mi trovo altrove: le panchine sono sinonimo di socializzazione, sono attenzione per i nostri vecchi, per le famiglie, i bambini. L’idea di guardare il mare con un libro tra le mani mi piace”.

PECCI TRA SCRITTURA E LETTURA

Eraldo Pecci con la maglia del Bologna.

Cosa stai leggendo ora? “I libro dei miei nipotini, scritto a scuola. Ma ho appena finito di leggere “Il furore e il silenzio”, un quadro vivace e coinvolgente sulla vita di Giocchino Rossini. Furore e silenzio, questo l’ha presa forte, poi è sparito. Quello che mi ha affascinato è come la musica gli procurasse gioia di vivere”. Un po’ come te con il calcio. “Assolutamente. Prima di tutto un gioco”. “Intanto Pecci scrittore è in libreria con “Ci piaceva giocare a pallone”. Oggi non è piu’ così? “A me piaceva il calcio senza procuratore, senza tv, con il pallone al centro di tutto. Ora che sono un utente, perché ogni stagione ha i suoi frutti, posso dirti che è cambiato profondamente. Quando giocavo c’era il campo, la partita, senza tutto “il prima e il dopo” che oggi sembrano avere la stessa importanza.

L’AMORE PER IL CALCIO ED IL VALORE DEI RAPPORTI UMANI

Un giovanissimo Pecci in nazionale con Beppe Savoldi. Per Eraldo in Nazionale 6 presenza con l’esordio il 27.09.1975 contro la Finlandia.

 

Eppure oggi un Eraldo Pecci nel calcio moderno ci starebbe alla grande… “Direi di sì, ma purtroppo ci sono pochi giocatori nel mio ruolo. Non siamo stati bravi nel trasmettere alle nuove generazioni il fascino del regista, di chi gioca a sostegno degli altri. Oggi tra i bambini tutti sognano di fare goal”. Se ti dico Riccione, chi sono le prime tre persone che ti vengono in mente? Giorgio Leurini, Gianni De Rosa e Marcello Menghini. In cosa ti senti particolarmente romagnolo? “In tutto, lo sono anche a Bologna, in terra emiliana. Mi spiego meglio: sono di sponda Fortiduto, i “burazzi”, gente con poche moine (Eraldo le chiama in altro modo…), tipi che se ti devono dire una cosa lo fanno con pochi fronzoli, giriamo con un paio di slip e amen”.

Nei tuoi libri i comprimari del calcio puntualmente diventano protagonisti. A Riccione ci sono situazioni o persone non note che però potrebbero finire in un tuo libro? “Mi ricordo Renato Franchini detto “Bologna”, quello che pescava le anguille da Gher, con il Riccione guidava il pullman, stava alla cassa, faceva di tutto. Ma ci sono tante persone che mandano avanti tutto il meccanismo, come dei mediani a centrocampo. Ed invece ci si ricorda solo dei goal e delle rovesciate, di chi è in prima linea. Il volontariato è una grande risorsa, anche in Famija Arciunesa ci sono tanti che regalano il proprio tempo per la comunità e tutto questo è importantissimo.

Intanto a carte fai la prima donna. E’ vero che a Riccione sono pochi quelli che ti battono a scopone scientifico? “Gioco bene. Poi se non mi vengono le carte perdo ma a me interessa prima di tutto giocare bene, farlo al meglio delle mie possibilità. Oggi passa che se perdi sei un fallito e che se vinci sei un fenomeno. Tutto assurdo. Poi gioco spesso in coppia con chi è addirittura piu’ grande di me, qualche errore ci scappa, ma è perdonabile”.

Francesco Cesarini

 

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