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American Disco Roller la prima discoteca d’Italia dove si ballava pattinando

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Nel 1980 nasce a Riccione da un’idea di Luciano Tirincanti l’American Disco Roller: la discoteca vissuta pattinando. Un’idea nata in Francia e che a Riccione ha fatto storia, qui nacquero anche le prime cubiste.

Negli anni Ottanta è stato appannaggio di migliaia di giovani turisti italiani e stranieri, che ballavano pattinando. L’American Disco Roller, in viale Torino, è così diventato un locale di tendenza, un mito, tanto apprezzato e invidiato, da essere clonato in altre località del nostro Paese. Ad avere la singolare idea di abbinare musica e pattini era stato l’imprenditore Luciano Tirincanti, che ha dato corpo al suo sogno negli spazi in cui il padre Nello aveva aperto e gestito La Baita, altro tempio del ballo, per anni meta dei big della canzone italiana.

L’IDEA DI BALLARE PATTINANDO…


Com’è nato l’American Disco Roller? “Questa idea mi è venuta dopo aver visto un filmato in televisione. Era in voga la Disco music e, saputo che un locale simile, “La main jeune”, il primo del genere in Europa, era nato a Parigi, sono andato a vederlo. Di ritorno, in ottobre, ho cominciato a progettarlo assieme a un architetto, finché nel giugno 1980 l’ho lanciato per poi gestirlo fino al 1986.

Allora ero un trentenne” prosegue Tirincanti “le discoteche, che avevano soppiantato le balere, erano tutte uguali, dunque per me era importante trovare un distinguo che ho trovato nell’American Disco Roller, allora unico in Italia, il secondo in Europa. Avevamo tre piste: in una si ballava pattinando, in un’altra si danzava girando in senso circolare all’interno del muro perimetrale, mentre nella terza si ballava normalmente. Di seguito, per subentrare in Aquafan con Albo ed Emilio Moretti, ho ceduto l’attività a un gruppo di imprenditori modenesi”.

Non sono mancati i personaggi? “Qui ho conosciuto Claudio Cecchetto, proprio nel momento in cui aveva lanciato il disco Gioca Jouer. Tra noi è nata un’amicizia andata avanti inAquafan e oltre ancora, fino ai nostri giorni! L’ho chiamato più di una volta, è stato il primo disc jockey animatore, prima di lui i deejay proponevano solo musica. Amava il contatto con le persone, per stare in mezzo al pubblico mi aveva fatto smontare la gabbia”. Sono arrivate anche altre star! “Diverse, tra loro Milly Carlucci, intervenuta per l’inaugurazione del loca- le, allora era campionessa europea di pattinaggio.
Poi sono arrivati Mia Martini, Cocciante, De Gregori, non tanti altri, perché lì la gente veniva per ballare, quindi gli eventi erano limitati”.

Ricorda il gingle del locale? “Certo, l’aveva registrato Federico l’Olandese Volante, produttore disco- grafico, considerato uno dei primi disc jockey delle radio libere italiane, ve- niva trasmesso da Publiphono e dalle emittenti radiofoniche.
Abbiamo poi avuto Enzo Persueder, Gianni Riso e altri che arrivavano da Milano, quindi Stefano Coveri e Gilberto Gattei, uno dei primi deejay animatori, allora in forze a Radio Sabbia, come il direttore Mauro Varriale che ha dato l’impostazione musicale all’American Disco Roller”.

LE PRIME CUBISTE IN RIVIERA…
C’è un episodio passato alla storia… “All’epoca andavano di moda le ballerine in topless, così sulla tettoia del locale a tre metri di altezza ne avevo messe due, un’olandese e una dominicana, che ballavano sui pattini. Erano ben visibili dalla strada, sicché il traffico si era paralizzato. A un certo punto intervenne la Questura con camionetta a sirene spiegate, il commissario Lelli, mi invitò a rinunciare, mentre io inutilmente cercavo di spiegare che questo era spettacolo, innovazione. Con questa storia, durata solo tre sere, ebbi tanto clamore, finii su tutte le riviste nazionali. Si può comunque dire che le cubiste le ho inventate io”

L’AMARCORD DI CLAUDIO CECCHETTO Nell’immaginario collettivo l’American Disco Roller era diventato sinonimo di Claudio Cecchetto. Lo si immaginava sempre lì, anche se lui intanto era in tour nei più blasonati locali d’Italia. Anche se con una minima presenza, il noto disc jockey, produttore e presentatore televisivo ha dato l’imprimatur al locale. D’altra parte a Riccione era già di casa. Qui ha continuato a lavorare ad Aquafan, portando nel frattempo al de- butto in tv Fiorello, Jovanotti e altri celebri artisti come: Gerry Scotti, Max Pezzali, Leonardo Pieraccioni e Fabio Volo. Riccione è poi la città che ha scelto per convolare a nozze con Maria Pa- ola Danna e che lo ha visto protagonista di spettacoli musicali su Raiuno come “Un disco per l’estate”, di cui nel 1994 è stato anche direttore artistico e conduttore, affiancato da Martina Colombari e Arianna David.

Cosa ricorda dell’American Disco Roller? “E’ il luogo d’incontro dove ho conosciuto Tirincanti che nel 1981 mi aveva chiamato per uno spettacolo. Questa conoscenza è stata fortunata, perché poi insieme abbiamo lavorato anche per Aquafan (i primi tempi location estiva di Deejay Television)”. Una fortuna capitare a Riccione? “Era il periodo del Gioca Jouer, sigla di apertura del Festival di Sanremo che quell’anno avevo anche presentato e che per la prima volta era stato proposto in tre serate, anziché una. Dopo il successo sanremese, mentre ero in tour per l’Italia, per fortuna sono capitato a Riccione, che frequentavo già. L’American Disco Roller è stata un’occasione per unire le due passioni, ritornare in questa città e fare il disc jockey”. 

Cecchetto sposo a Riccione con la moglie ed insieme a Jovanotti e Fiorello.

CECCHETTO E LA CABINA DEL DISC JOCKEY
Il suo arrivo nel locale è legato a un particolare episodio, vero? “La figura del disc jockey negli anni ‘80 era diversa da quella di adesso. Ricordo che arrivato sul posto vidi una cabina, un cubo di plexiglas dove avrei dovuto esibirmi. D’istinto dissi subito: non sono un pesce, quindi non sto in un acquario, io lì dentro non mi esibisco. Mi rivolsi dunque al proprietario, che era Luciano, e in fretta e furia smontarono la gabbia”. Non era un capriccio? “Assolutamente no. Io non ero lì per un cambio dischi e basta, durante la serata avevo bisogno del contatto con la gente, in quel cubo non avrei potuto coinvolgerla, né sarei riuscito ad avvertire l’entusiasmo, le urla e tantomeno avrei potuto dialogare col pubblico che era davanti a me. Fu poi una bellissima serata piena di entusiasmo, coinvolgente, la ricordo molto volentieri. Quel locale fu un esperimento unico, Luciano sapeva bene cosa stava facendo”.

Nives Concolino

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