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Vittorio Costa: Riccione amore a prima vista

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Vittorio Costa, bolognese innamorato di Riccione. “Cine Arena Lux” l’ultimo libro del medico-scrittore bolognese con Riccione sempre sullo sfondo.

Vittorio Costa nella sua Riccione.

Un medico bolognese alla sua ennesima “fatica” letteraria con Riccione sempre protagonista, come mai? “Quando, nel 2002, pubblicai ‘Dancing verde Luna’, non immaginavo che avrei scritto altri quattro romanzi ambientati a Riccione. Il libro fu accolto molto bene, Enrico Vanzina ne scrisse in maniera entusiastica, fui invitato a presentarlo al Maurizio Costanzo Show e molti lettori mi scrivevano pensando che i personaggi che descrivevo, Cicciàz, Cagarèla, Gargiulo e compagnia bella , fossero persone reali. Così vennero Pensione Sorriso, Quando Elvis cantò Romagna mia e Una vita Madornale (Memorie di un grande playboy romagnolo). I miei personaggi in fondo, sono il pretesto per raccontare il periodo storico in cui esplose il turismo di massa e Riccione divenne la capitale del diverti- mento. Quello de ‘L’ombrellone’ di Dino Risi.”

Leggendo i precedenti libri è evidente la sua passione per la musica e i dancing della Perla Verde, cosa ricorda di quel periodo? “La musica è sempre stata la mia grande passione. Ho iniziato a cantare a 17 anni con I Jaguars che poi scelsero di tentare la carta del professionismo e ci riuscirono molto bene (divennero i Pooh). A Riccione, negli anni del boom, si esibivano tutti grandi divi della canzone da Modugno a Fred Buscaglione, da Mina a Celentano, da Peppino di Capri a Fred Bongusto. Quand’ero ragazzino e non avevo né l’età né i quattrini per entrare, andavo sul retro del Savioli ad ascoltare i grandi cantanti e le orchestre che vi si esibivano. Era un’ epoca incredibile. Io allora frequentavo il bagno Oreste e nelle tende di fianco alla mia, vedevo tutti i cantanti che sog- giornavano all’Hotel Gemma. Celentano con tutta la famiglia e gli artisti del Clan, Mina, Fred Bongusto e tanti altri. Ho ancora un foglio di carta intestata del Gemma con tutti gli autografi. Con Mina ci giocavamo a ping pong…”

E se dovesse fare una classifica dei primi tre che ha frequentato e vissuto? “Quando ho iniziato a cantare, mi sono esibito alla Bat Caverna, Al Bonnie & Clyde, al Sirenella poi frequentavo il Piper e l’Altro Mondo, dove si esibivano i grandi gruppi beat italiani e stranieri.”

In “Cine Arena Lux” diventa protagonista il cinema, è così? “E’ un libro che racconta in maniera divertente una storia che parte nel 1916 per arrivare ai giorni nostri. La nascita di una sala cinematografica immaginaria ma molto simile alle tante che allora esistevano. Riccione aveva molti cinematografi sempre affollatissimi. Durante l’estate il Zanarini, il Turismo, l’Odeon proponevano tante anteprime nazionali. Tutti andavano al cinema. Le arene all’aperto poi, avevano un fascino molto particolare. C’erano l’Arena Mare, l’Alba, l’Africa, lo Star. Le poltroncine di legno, il profumo dei pini, lo scricchiolio della ghiaia, la gente che sui terrazzi delle pensioni o affacciata alle finestre delle case vicine guardava i film a sbafo”.

La copertina di “Cine Arena Lux” di Vittorio Costa ambientato a Riccione.

Il film che ricorda di aver visto in un’arena o un cinema di Riccione? “Ricordo una serata dell’agosto 1962. Al cinema Star proiettavano ‘E’ l’ora del twist’, un film musicale di modestissima qualità ma pieno di canzoni di grande successo. Il twist allora era il ballo di moda e, quando sullo schermo Chubby Checker iniziò a cantare ‘Let’s twist again’ si scatenò un pandemo- nio. Il pubblico, composto quasi interamente da ragazzi, si mise a ballare dovunque, persino in piedi sulle poltroncine”.

Che atmosfera si respirava in quel periodo? “Erano anni pieni di ottimismo. Gli italiani assaporavano per la prima volta le vacanze. Magari in pensioncine dove oggi nessuno avrebbe coraggio di mettere piede, ma che allora sembravano bellissime. E Riccione era il luogo dove tutto pareva possibile, dove si lanciavano le mode, dove si andava al Canasta all’una del mattino a mangiare i tortellini alla panna, oppure al Calderone a mangiare gli Spaghetti millegusti. Dove, dopo mezzanotte, si saliva sulla collina per andare a Villa Alta, al Saviolino, al Tam tam, al Poggio, alla Panoramica. Era una sensazione fantastica. Riccione per me era e rimane il ‘Paese dei balocchi’”.

Quando da Bologna arriva a Riccione qual è il primo posto che desidera frequentare? “Naturalmente, il mare. E poi, passeggiare per i viali all’ombra dei pini e finire in Viale Ceccarini”.

E’ vero che ha un debole per l’Abissinia ed in particolare per via San Martino? “Da qualche anno ho realizzato un sogno e possiedo una casetta nella parte alta di viale San Martino. Viale San Martino d’estate lo percorro tutti i giorni per andare al mare e si respira un’atmosfera molto vivace e accogliente. L’Abissinia è cambiata molto poco nel corso degli anni e ci ritrovo l’ambiente di quando ero giovane. Le ville, i giardini, il silenzio. Quand’ero ragazzo, viale San Martino significava una cosa: Luna Park. D’estate lo percorrevamo per passare qualche serata, sono felice che sia ancora là, dov’era sessant’anni fa.”

Il più grande pregio e difetto del riccionese? “Fatico a trovare dei difetti nei riccionesi. Già la loro cadenza mi mette di buon umore. Ho sempre pensato che la simpatia e la accoglienza dei riccionesi sia speciale. Come è speciale la loro capacità di inventare cose che attraggano i turisti. Se a Bologna un ristoratore si siede al tuo tavolo resti perplesso e pensi: ”Ma questo che fa? Come si permette?”. A Riccione, se si siede al tuo tavolo, sei felice, sai che alla compagnia si è aggiunto un amico. E’ questa la straordinaria capacità che hanno. Farti sentire a casa.”

Vista la sua grande passione per la musica: se Riccione fosse una canzone quale sceglierebbe per rappresentarla? “Beh, nel mio caso ‘Stessa spiaggia stesso mare’. Ci vengo da quando avevo 10 mesi!”.

Francesco Cesarini

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