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Giornale n. 2.2020 “Noi digitali abbiamo ancora voglia di fare fatica?”

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Francesco Cesarini Presidente di Famija Arciunesa

Abbiamo creato una società che premia solo ciò che è facile e comodo. Un mondo di risposte a portata di mano, “on demand”. Pensateci. Quando dobbiamo affrontare una questione difficile e complessa ecco che siamo costretti a coinvolgere una parte di noi, in questo mondo iperconnesso, fuori allenamento soprattutto per un nativo digitale.

Tutto è diventato scaricabile, cliccabile e l’idea che l’accesso alle informazioni sia immediato ci fa credere che informarsi sia facile: probabilmente è l’esatto contrario. Intanto la fatica e la complessità dell’apprendimento sembrano scomparse.

Stiamo addestrando i nostri cervelli a saltare da un’idea all’altra, come se saltassimo da un link all’altro. Il pensiero come un motore di ricerca. Non pensiamo più in profondità, non poniamo domande in modo dettagliato, evitiamo di mettere in fila i concetti, quasi fosse un algoritmo a farlo per noi. E così fatichiamo ad essere riflessivi, ci limitiamo a “scrollare” sul web a grande velocità. Consumiamo tutto in pochi secondi.

I social poi hanno instaurato la dittatura dell’impulso, che porta a linciare prima di sapere, a sostituire la voglia di capire con quella di colpire. Ed un pensiero monco si esprime con un linguaggio altrettanto approssimativo, perché quando si usano le parole nel loro corretto significato vuol dire che c’è anche un pensiero dietro di esse. Giusto o sbagliato poi starà a noi deciderlo.

Online non devi fare più i conti con la tua ignoranza, non devi più dire “non lo so”. Non serve più essere umile. Ma c’è un problema: l’umiltà è il punto di partenza per imparare, per aprirsi al nuovo, per crescere, per porsi davanti a tutto ciò che ci mette alla prova in modo costruttivo.

Sarà che da sempre credo fermamente nel valore della “curiositas” latina, l’interesse ad apprendere. Allora per comprendere quanto ci succeda attorno penso proprio alla curiosità, quella che nasce dal dubbio, dalla voglia di uscire dalla “comfort zone” delle nostre certezze e delle nostre semplificazioni.

Come fanno i bambini che chiedono sempre conto del perché di ogni cosa. Il bisogno di fare domande davanti a tutto ciò che non torna, di fronte a ciò che pare originale, interessante, strano o anche bizzarro. La gustosa fatica di chiedere sempre, allo studio, alle parole, alle persone, ai fatti, alle date, alla vita. Così la s’impara.

Nel nostro piccolo, scrivendo il giornale, ci proviamo. Ricordandovi poi quanto sia bella Riccione e questa terra. Raccontandovela e facendovi venire voglia di scoprire tutto quello che nasconde, prima ancora di farvi fantasticare un viaggio a Dubai. Già perché è “Un amore senza fine”, apriamo così il giornale in copertina, e in questi tempi complicati e difficili può significare mille cose; solo belle naturalmente.

E’ una sfida stimolante appassionarvi a Riccione, perché per senso di appartenenza siete lettori attenti ed esigenti. E se ogni tanto inciampiamo mi piace pensare che il tentativo già in sé, sia l’accenno di un sentiero.

Su carta, naturalmente.

Francesco Cesarini
Presidente Famija Arciunesa

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