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Adriano Vandi: la prigionia nel lager di Birkenau ed il ritorno nella sua Riccione

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Adriano Vandi e la sua prigionia nel Lager di Birkenau in Germania, una storia di dolore e di speranza con l’epilogo della salvezza e dell’avventuroso ritorno a Riccione dopo mille peripezie. 

OPERAIO APPRENDISTA
Adriano ha iniziato a lavorare a 12 anni come verniciatore nella fabbrica di letti “Calza-Manzi e Castracani” (nella zona dell’attuale Centro Arti Figurative). Verniciava a spruzzo (alla nitro) senza mascherina (non si usava). Per lenire le incrostazioni delle vie respiratorie doveva bere molto latte. Per questo chiese per anni un piccolo aumento sulla modesta paga da eterno apprendista.

Quando finalmente gli fu concessa per pochi spiccioli il suo capo reparto gli disse: “Ti auguro tu li debba spendere tutti in farmacia”. Adriano prese il barattolo della vernice e glielo tirò addosso. Fu licenziato in tronco, appena in tempo per ricevere la Cartolina Precetto e venire aggregato al Battaglione San Marco di stanza a Pola.

8 SETTEMBRE 1943, LA SCELTA…

Adriano Vandi

Il fatidico 8 settembre del 1943 lo trovò col suo reparto a Tolone in Francia. I tedeschi posero il noto aut-aut: “..o con noi o contro di noi”. Adriano scelse “contro di noi” e così fu deportato nei campi dì concentramento prima in Germania poi in Polonia dove per due anni soffrì fame, freddo e patimenti di ogni genere. Si salvò dai forni crematori in quanto si inventò “calzolaio”. Infatti quando il Kapò chiese se c’era qualcuno che faceva il “Schumaker” Adriano alzò la mano e disse: io! Lui il calzolaio non l’aveva mai fatto, ma aveva visto lavorare di lesina “Bandloun” il ciabattino del nostro rione (dove oggi c’è il Centro Sociale Tre Villaggi).

LE SPERANZE DELLA MAMMA
Per oltre due anni non ricevemmo nessuna notizia,ma mia madre spediva ogni mese un pacco contenente indumenti di lana, qualche pezzo di pane e la piada all’indirizzo: per Adriano Vandi – Lager Birkenau/Germania. Diceva alla Posta:”Spero che lo riceva mio figlio ma a qualcuno sicuramente farà del bene”. I medici delle truppe alleate che lo liberarono, lo visitarono e pesarono: 43 chili contro gli 80 originari.

IL RITORNO A RICCIONE
Il ritorno fu alquanto avventuroso. Camion militari, qualche tratto in treno, molti a piedi, in tutto 27 giorni. Un furgone carico di frutta lo scaricò a Coriano da dove raggiunse a piedi, attraverso i campi, l’inizio di Via Malta dove abitavamo. Noi della famiglia lo aspettavamo in mezzo alla strada avvertiti dai vicini. “Adriano l’è arvàt, u j’è Adriano !”. Lo vedemmo là in fondo, lato Piada d’Oro. Magro, barba lunga, capelli a ciuffi e una valigia di cartone legata con uno spago. Impiegò almeno mezz’ora per arrivare da noi poichè veniva abbracciato e baciato dai vicini di quel tratto di strada. I miei genitori lo accolsero piangendo. Entrò in casa guardandosi attorno incredulo, con gli occhi spiritati.

Aprì la valigia; conteneva panni sporchi e un paio di scarponi lucidi e perfetti. Non ho mai dimenticato l’odore di quel contenitore, l’odore della fame e del dolore, l’odore dei luoghi di morte. Adriano si riprese alla svelta (le tagliatelle di mia madre fecero miracoli). Divenne poi Vigile Urbano, discreto e silenzioso in servizio, quanto loquace e spiritoso in famiglia e con gli amici, fino alla vita ritirata assistito con l’amore e affetto di sempre dalla moglie Giuseppina. Una vita che va raccontata e sottolineata per non dimenticare un passato che ci auguriamo non ritorni mai più.

Adriano ci ha lasciato nel 2017 a pochi giorni dal suo compleanno per i 93 anni.

Edmo Vandi

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