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Ferruccio, l’amico di tutti

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Ferruccio Nanni, un ragazzo con un cuore grande così che tanti riccionesi hanno imparato a conoscere. Camminava tantissimo e conosceva tutti, indimenticabile quel suo modo di fare unico… da Ferruccio.

Se n’è andato per sempre con quel sorriso e quella dolcezza che l’hanno contraddistinto per tutta la sua vita. Ferruccio Nanni, 61 anni, portatore della sindrome di Down, molto conosciuto a Riccione per il grande cuore e senso di umanità, è scomparso all’improvviso a fine marzo 2012.

La sua popolarità e l’affetto nutrito nei suoi confronti hanno trovato conferma il giorno dell’addio nella chiesa di Gesù Redentore gremita di gente. A ricordalo nell’omelia con una speciale lettera, che ne delinea il profilo, è stato don Franco Mastrolonardo, il parroco che ogni domenica andava a salutare in sacrestia.

E proprio nel giorno del Signore, Ferruccio è salito in cielo. “Come entravi in chiesa tu, non entrava nessuno -scrive don Franco rivolgendosi direttamente al suo speciale parrocchiano-. Non sceglievi vie laterali ma la corsia centrale, dritto spedito verso l’altare. Mentre avanzavi, cercavi mani da stringere e volti da salutare. E alla fine il rituale inossidabile, il saluto in sacrestia e i reciproci baci. Regolarmente mi dicevi: non mi sgridare che sono venuto tardi. No Ferruccio tranquillo, potevi fare tutti i ritardi che volevi”.

Ed è proprio quell’ingresso in chiesa, come l’affettuoso scambio del segno della pace, che rimarrà sempre impresso nel cuore dei riccionesi. Così altri piccoli flash. Quando riceveva la benedizione, Ferruccio non se ne andava mai, se l’acqua non l’aveva bagnato davvero. Perché, come ricorda il parroco: “Aveva bisogno di concretezza, voleva toccare con mano la bontà di Dio”. C’era comunque in lui una forte paura della morte, a tal punto che, quando don Franco ne parlava nell’omelia, lui lo sgridava. Così l’Ave Maria, Ferruccio ne recitava metà, perché nell’ultima parte c’é appunto la parola morte.

Quando qualche “nuvola” lo offuscava, bastavano poche parole e piccoli gesti per riportare il sereno. Quel modo di essere, così candido e limpido, faceva di Nanni anche una persona terapeutica: “non conosceva la parola orgoglio, quella di cui ci nutriamo tutti i giorni”, sottolinea don Franco.

Nives Concolino

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