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venerdì, Aprile 19, 2024

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La pesca migratoria delle anguille dei riccionesi ed il viaggio di Severo Pronti

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Severo Pronti Graenz e l’avventura del 1952 con il viaggio di rientro con le anguille da Porto Corsini fino al porto sicuro di Riccione. La storia vera, raccolta da Carlo Volpe, ha un significato profondo ora che Severo ci ha lasciati a 94 anni.

Per raccontare la pesca migratoria delle anguille fatta dai riccionesi Carlo Volpe ci riporta le sensazioni  vissute  attraverso il racconto del suo “Primo Comandante” Severo Pronti, e Graenz. Un viaggio interpretato ed in qualche modo rivissuto da Carlo nel suo navigare tra Cervia e Riccione.

Oggi Severo Pronti ci ha lasciato e questo racconto verso il porto sicuro di Riccione assume un significato ancora più profondo. 

LA PESCA MIGRATORIA AUTUNNALE DELLE ANGUILLE FATTA DAI RICCIONESI
Questo tipo di pesca, era praticata da alcuni marinai di Riccione che si trasferivano sui lidi Ravennati dalla fine dell’estate fino a poco prima delle festività natalizie. Ciò è accaduto fino alla fine degli anni ‘50 grazie alla marotta: una sorta di scafetto a due punte o a triangolo con tanti fori dove entrava l’acqua per mantenere vive le anguille (ma non affondava).

LA MAROTTA DI SEVERO E GUIDO PRONTI
La marotta conteneva il “pane per l’inverno”, che era una certa sicurezza accantonata e garantiva di arrivare alla primavera. Rappresentava, il frutto ricavato in una campagna di pesca al cogollo di due mesi di duro lavoro, e di permanenza in “pesca migratoria” dei due fratelli Pronti. Da qui si sarebbe iniziata una nuova stagione di pesca con le nasse per la cattura delle seppie.

SEVERO RACCONTA DI SUO FRATELLO

Guido Pronti Pittnier

Principalmente mio fratello, Edoardo Guido Pronti Pittnier, in pesca migratoria nei lidi ravennati con i cogolli (una rete trattenuta da una grossa ancora da riva che sbarrava un piccolo tratto di mare), rimaneva anche solo, per un certo periodo dedicandosi pienamente alla pesca delle anguille, saltuariamente raggiungevo mio fratello facendo la spola in treno, portandogli indumenti, generi alimentari, notizie e la posta da casa.

E’ ARRIVATO IL MOMENTO DI PORTARE A CASA LE ANGUILLE
Considerato il periodo avanzato e il quantitativo nella “marotta” ci accordavamo per il trasferimento via mare, da Portocorsini (RA) a Riccione. Il tutto con la Lancetta a vela di 7 m. “La Graziana”.

La pescadelle anguille nei Lidi ravennati negli anni ’50

Visto che le condizioni di tempo e di mare erano favorevoli, con una piccola bisaccia a tracolla contenente: pane, formaggio, acqua e una fiaschetta di nuova acquadiccia mi misi in viaggio da solo, via mare con la Lancetta per raggiungere Portocorsini e provvedere al ritiro. Così iniziò il viaggio trasferimento di Severo, da Riccione a Portocorsini e rientro a Riccione con la “Marotta” piena di grosse anguille (i capitòn) al seguito.

Severo, e Grènz, proseguì dicendomi: “ Lo sai, io sono venuto in 3 giorni da Portocorsini (Ravenna) a Riccione, con la “GRAZIANA“ e a rimorchio una marotta con 4 q.li di belle anguille”.

IL VIAGGIO DI RIENTRO FU UNA VERA AVVENTURA
Di solito se c’è il vento, il mare è con onda abbastanza formata, che ferma il procedere e rende difficile la navigazione “la bèrca la magna la sìpa“ (la barca stenta di prua col battere dell’onda. Ma il beccheggio dell’onda non era un freno, l’obiettivo era ben chiaro, entro Natale la “marotta” con le anguille, doveva essere in porto a Riccione.

Quella di Severo non era una tratta né difficile, né lunga, circa 35 miglia, lungo costa ed a vista ma, pur sempre poteva però diventare un’incognita rappresentata da meteo che in quel periodo dell’anno poteva essere bello e senza vento, oppure bello il mare con poco vento e con nebbia.

LA PRIMA TAPPA A CERVIA
Severo non aveva il motore, quindi la spinta in navigazione era affidata tutta alla forza del vento. Sicuramente tutto andò liscio perché nella serata la la “GRAZIANA“ ed il suo carico arrivarono in porto a Cervia.

La mattina seguente Severo, controllato velocemente il tempo e partì di buon ora con la prua leggermente ad est per allargarsi un po’ ed avere l’andatura buona con il rafforzarsi del vento. La navigazione proseguiva bene ed il carico era sempre ben saldo a quella cima che assolutamente non doveva dare cenni di cedimento. L’occhio era sempre ben vigile, la barchetta bucata (la marotta con le anguille) doveva essere sempre al seguito. La seconda tappa aveva come meta il porticciolo approdo al canale sul fiume Uso, di Bellaria – Igea Marina.

LA SECONDA TAPPA A BELLARIA
Sula canale Uso Severo trova colleghi ed amici con cui condividere esperienze e racconti, un luogo dove trovare amici e mangiare un tozzo di pane, con l’immancabile bicchier di buon vino, un giaciglio per godere di un sonno tranquillo e ristoratore, al tepore di mura amiche e lo scambio di un po’ di chiacchiere, sulla magra vita di quei tempi, insomma al “ciàcre“ con due castagne belle calde.

LE PREOCCUPAZIONI DI SEVERO
Prima di addormentarsi sicuramente avrà pensato a che cosa sarebbe andato incontro il giorno successivo, se il vento lo avesse ancora assistito per la sua andatura verso sud, fino a Rimini o fino a Riccione ? Ancora il pensiero, a casa, ai famigliari, che sicuramente lo stavano attendendo e non sapevano neanche se fosse stato in viaggio. Era preoccupato per loro a casa. Pensava al proprio caldo letto, con il mattone ai piedi, con avvolto il suo caldo pigiama di fustagno, o con il prete.

VERSO RICCIONE
Al mattino Severo salutò e ringraziò tutti e riprese il viaggio, “av sàlut, av ringrèzie ma tòt, as vidém… prèst” (vi saluto, vi ringrazio tutti, ci vediamo presto). Salutava con la mano, e con la rigora tra le gambe teneva la rotta di uscita dal canale. Direzione Rimini.

La rotta era verso nord – est, per poi passare a sud – est, l’obiettivo era stare al largo del molo di levante di Rimini, “E ZITADON“ come era consuetudine dire. Sì, l’orientamento della prua era di superare quell’angolo per poggiare poi a sud delle colonie rosse, il complesso della Bolognese “i casòun” (grande Colonia estiva, in territorio di Miramare di Rimini).

Riccione anni ’50, il porto.

IL TEMPO ASSISTE IL CAPITAN SEVERO PRONTI
Ancora una volta la fortuna arrise a Cap. Severo, il vento rinforzò la pioggia sparì e un barlume di sole si affacciò di quel tanto da tranquillizzare; la nebbia “e càlig”, non ci sarebbe stata. Il sole anche se un po’ offuscato riscaldava già, anzi cominciò ad asciugare e ad intiepidire la superficie della coperta di quel tanto da non fare bagnare più il sedere dal posto obbligato, dallo stare al governo “sòra ma la c’vèrta, se cùl bagnéd, ut vnìva e… frìdor“ (sulla coperta, con il sedere bagnato, ti veniva il… raffredore).

Il sole segna approssimativamente le 11 e Severo è già contento di come si prospetta favorevole l’ultimo giorno di navigazione verso la desiderata meta. Controllando la riva, stima di essere al traverso di Torre Pedrera. Ben guardando si scorge nettamente Il Grand Hotel, il campanile di Piazza Tripoli ed il litorale che, si protende verso il complesso Murri di Bellariva.

La barca deve correre “la vela, l’ha da avè… e respìr”, più corre e maggiormente facile è mantenere la rotta. La cima di traino è ben salda al suo posto, la marotta taglia le piccole onde provocate dalla scia della poppa “ della “GRAZIANA“, la bella lancia di Severo e di Guido, rimasto ancora a Portocorsini, per completare il periodo di pesca.

UN NATALE CON LE ANGUILLE E’ UN NATALE DA SIGNORI
I “bisàt“ (le anguille) staranno bene? Speriamo proprio di si. Devono mangiare e ingrassare al più presto per diventare belle grosse e pesanti ed essere vendute sul mercato di Riccione. Dovranno spuntare un buon prezzo per rendere bene, un buon gruzzoletto da dividere con mio fratello, pensa Severo. “A Nàdel… a vòj magnè e panitòn e bé, una bòna bocia ad vein s’ là sciòma eben dòlc, quel che e fa… e mi amig Francischìn “. (a Natale, voglio mangiareil panettone e bere una buona bottiglia di vino frizzante con la schiuma, ben dolce, quello che fa il mio amico Franceschino).

FINALMENTE A RICCIONE
Ecco, la rotta è precisa ora Severo è contento. Il sopravento per il porto è sufficiente. Saluto in distanza una batana attrezzata per la pesca delle vongole. Ora c’è un po’ di foschia è pomeriggio, in autunno sul far dell’inverno il sole non è tanto alto, il tramonto sarà a breve, e Severo pensa: “e tèmp…ormai che e facia quel che vò, mé… a sò arvàt ma chèsa e pòrt… l’é ilé, al vég “ (ormai il tempo può fare come vuole, io sono arrivato a casa ilporto lo vedo).

Il vento non mi tradisce è buono, mi permette con sicurezza di fare scivolare lo scafo sull’onda che, da sola ti conduce in porto.

Il porto Casa mia, i miei cari, i miei amici, la mia vita sicura e con un tetto altrettanto sicuro, come da giorni non ho avuto.

Buon viaggio Capitan Severo Pronti!

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