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Parco degli Olivetani, anzi… degli Agostiniani!

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Il Parco degli Olivetani per gli studiosi si dovrebbe chiamare degli Agostiniani: 360 alberi e 1800 arbusti su quasi 3 ettari di verde a fianco della Scuola Geo Cenci e sul Rio Melo.

Prima la polemica con gli ambientalisti, poi lo scontro politico e ora la querelle sul fronte storico per il nome che gli è stato attribuito. E’ nato così tra gli “scontri” il Parco degli Olivetani che, documenti alla mano, per gli storici porta un toponimo improprio, in quanto quell’area è piuttosto appartenuta agli Agostiniani.

TRE ETTARI DI VERDE CON 360 ALBERI A FIANCO DELLA SCUOLA GEO CENCI
Inaugurato il 17 novembre 2018, sfidando il freddo, il parco si estende circa tre ettari e mezzo di terreno, dalla Flaminia a Viale Castrocaro e da Viale Einaudi alla pista ciclopedonale che fiancheggia il rio Melo, fino alla scuola media (ex fornace). Come assicura l’amministrazione comunale dal punto di vista morfologico questo lembo di terra “non è stato modificato, sono stati piuttosto piantati 360 alberi e 1.800 arbusti”. Per il resto l’area è stata dotata di uno spazio giochi inclusivo di 800 mq., di uno sgambatoio per cani ampio 850 mq. e di un impianto d’illuminazione a Led.

UN INVASO DEL RIO MELO
“Il terreno -spiegano i tecnici- è stato rimodellato per mantenere la capacità d’invaso, svolgendo così la sua naturale funzione di raccolta e laminazione delle acque di esondazione del Melo”. Una scarpata, realizzata con terra riportata sul lato Cattolica, separa l’area da viale Einaudi, dov’è stata piantata la maggior parte delle piante.

GLI STUDIOSI: “L’AREA ERA DEGLI AGOSTINIANI E NON DEGLI OLIVETANI”
Ma veniamo alle querelle a partire dal nome. Nel comunicato stampa del Comune si legge: “Come testimonia il catasto Calindri, redatto tra la fine del XVIII e gli inizi del secolo XIX, nel sito non erano presenti costruzioni se non il convento dei frati Olivetani”. Ma, come segnalato, prima dall’ex direttore della Biblioteca comunale, Fosco Rocchetta, poi dallo scrittore e storico Oreste Delucca, sarebbe bastato andare all’Archivio di Stato riminese, dov’è custodito il documento catastale originale e, se non altro, sfogliare il libro che lo riproduce (quello pubblicato a spese del Comune di Riccione nel 2006), per appurare che l’area del Pantano era piuttosto appartenuta agli Agostiniani. Le segnalazioni non hanno però sortito cambiamenti. E allora, lo storico sui media online lancia la sfida: “Chiamatelo Parco dell’Ignoranza”.

Gli ambientalisti, a partire da Italia Nostra, durante i lavori hanno intanto contestato l’abbattimento di venti-venticinque alberi, in parte inclusi in quello che doveva essere il Bosco dei ciliegi, disegnato da Tonino Guerra e che proprio per questa ragione la nota associazione chiedeva di tutelare. Cinque-sei piante, era stato giustificato dal Comune, erano secche. Polemica infine sul fronte politico.

AREA DI PROPRIETA’ COMUNALE DAL 2001
Sabrina Vescovi, capogruppo del Pd lamenta il fatto che all’incontro di presentazione con i mass media “Non siano stati invitati i precedenti sindaci e neppure esponenti delle giunte Pironi e Imola che di fatto hanno consentito la realizzazione del parco. Il progetto è bello – sottolinea – ma bisogna ringraziare le vecchie amministrazioni comunali, soprattutto Daniele Imola che nel 2001 chiese alla proprietà di Oltremare (Valdadige) di trasferire il progetto del parco sulla collina e di cedere l’area della vecchia fornace per farne un bene comunale. Fu il primo passaggio utile senza il quale ora non avremmo il parco. L’area fu acquisita dal Comune, gli imprenditori comprarono il terreno dell’Ipab, ente dei lasciti della Ceccarini, e col ricavato l’amministrazione realizzò la nuova ala del Ceccarini, l’asilo in viale Empoli e ha tracciato viale Einaudi”.

Nives Concolino

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