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sabato, Luglio 27, 2024

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Edmo Vandi ed il suo Natale ad Amburgo senza Frau Bertelsen

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Edmo Vandi racconta l’esperienza da giovane lavoratore ad Amburgo in cerca di casa. Gentilezza e faccia tosta in salsa riccionese portarono al risultato..

Il tram partì dalla stazione di Hamburg-Altona alla volta della Ohmstrasse dove, al n. 9, avrei trovato, almeno così speravo, la camera in affìtto dove alloggiare per i quattro o cinque mesi che mi ero ripromesso di rimanere ad Amburgo per lavorare e studiare. Avevo telefonato al numero pubblicato sull” ‘Hambur- ger Morgenpost” dove veniva appunto offerta una camera a firma della signora Bertelsen. Arrivai in Ohmstrasse che ormai faceva buio, riflettendo come la sera calasse in anticipo rispetto all’imbrunire romagnolo al quale ero abituato. Suonai il campanello al primo piano, accanto alla targhetta con su scritto semplicemente: “H.Bertelsen”.

Apparve sulla porta una vecchia alta e segaligna che mi squadrò da capo a piedi. Poi fissò per un attimo la mia valigia e disse tutto d’un fiato: “Es tut mir leid…” (mi dispiace ma non affitto a stranieri e poi la camera serve a mia figlia che tornerà presto dall’Austria). Intanto vicino ai suoi piedi si erano radunati, prima uno, poi due e, infine, nove gatti che guardavano in su verso di me, curiosi come tutti i gatti. Raccolsi il mio tedesco migliore e dissi che ero disperato e che non sapevo dove andare a dormire quella notte. Frau Bertelsen riconsiderò la modestia della mia valigia. Seguì un silenzio che non finiva mai, poi spalancò la porta e mi fece cenno di entrare.

I gatti fuggirono sparpagliandosi per l’appartamento. “Solo per una settimana – disse – poi verrà mia figlia e lei dovrà cercarsi un’altra sistemazione”. Accettai le condizioni (cento marchi per la settimana) e posai la mia valigia in una cameretta pulita, con un letto singolo, le tendine immacolate alla finestra che dava sulla strada e un centrino bianco sul comodino. Fu la settimana più irreprensibile della mia vita.

Uscivo senza far rumore la mattina e tornavo a casa presto la sera. Portai due volte un mazzolino di fiori alla mia padrona di casa e, infine, ottenni il risultato che speravo. Al termine della settimana Frau Bertelsen, visto che mi lavavo i denti tutti i giorni, che ero ordinato e pulito e, soprattutto, che mi era fatto amico di tutti suoi gatti, mi disse: “Signor Vandi, mia figlia ha annullato la sua visita e perciò lei può rimanere finché vuole”. Tutto funzionò bene fino a quando non si mise in testa di offrirmi i suoi biscotti (fatti da lei) con l’errore mio nel dirle che erano eccellenti. Li trovavo così ogni mattina sul comodino e in quantità sempre maggiore. Avevano strani sapori ma li mangiavo lo stesso visto che mi venivano offerti con tanta materna benevolenza.

Finché un giorno scoprii in uno di essi un ciuffo bianco di peli di gatto. Detti di stomaco ma non osai rifiutarli. Li misi in tasca e li gettai ad un cane randagio che incontravo tutte le mattine sulla strada che a piedi percorrevo per giungere alla stazione di Altona.

Si sparse certamente la voce fra la popolazione canina del quartiere, perché dopo una settimana i cani erano cinque e mi aspettavano famelici ogni mattina finendo poi per accompagnarmi per tutto il tragitto. La situazione precipitò nei giorni immediatamente precedenti il Natale, un periodo di freddo intenso (fino a 10 gradi sotto zero) e di strade lastricate di ghiaccio. Frau Bertelsen mi comunicò che sarebbe andata lei a far visita a sua figlia in Austria, per cui mi avrebbe lasciato solo per una decina di giorni.

Quella stessa sera mi consegnò una specie di pastone per i gatti in quantità industriale, io l’accompagnai alla stazione e il mattino seguente scesi in strada come al solito. Avevo dimenticato i cani! Senza i biscotti di Frau Bertelsen mi ritrovai accerchiato dal branco che mi cingeva d’assedio e mi saltava addosso. Penso ancora oggi alla gente che mi vide correre verso la stazione inseguito da quella canea ululante che pretendeva ciò che non avevo. E così, dal giorno dopo, fui costretto a comprare pacchi di biscotti per tacitare quelli che erano ormai diventati miei clienti affezionati.

La notte precedente il Natale nevicò moltissimo e la neve a montagne fu sospinta da spartineve gialli ai margini delle strade. Alle dieci del mattino guardai dalla finestra. I cani erano li che mi aspettavano in strada. Due erano accoccolati sulla neve fresca, tre guardavano preoccupati verso la porta da dove inspiegabilmente per loro, io tardavo ad apparire. Ma non li avevo certo dimenticati. Mi vestii e andai giù in strada, i cani mi saltarono addosso festosi. Da una borsa di carta tirai fuori una grande quantità dell’ottimo pastone sottratto ai gatti.

Fu una festa per tutti: per i cani, per me e per i vicini che guardavano dalle finestre. L’aria era gelida e trasparente e il sole cercava di far capolino dalla solita foschia che saliva dal Mare del Nord. La neve gelata luccicava, sembrava corallo bianco. Si capiva che era Natale.
Un Natale strano, senza Frau Bertelsen.

Edmo Vandi

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