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Bar Luisiana, un angolo di storia dell’Abissinia

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La demolizione del bar Lusiana suscita il ricordo degli abituali frequentatori

Il Bar Luisiana, edificio posto all’angolo dell’incrocio di Viale Trieste e Viale San Martino, si sgretola ed inesorabilmente collassa; sono violenti i colpi della ruspa, potente la forza che adopera sui muri ridotti in macerie, ma come per incanto da quell’immagine di ineluttabile disfacimento, fiori- scono più vivi che mai i ricordi della mia infanzia.

Una saletta piena di fumo e di persone, un vociare serrato, fitto ma mai monotono, lazzi, schiamazzi, grida alte e altre soffocate, quelle della gente del posto. Uomini di ogni età, rare donne, alcuni bambini.

Negli anni ’70 il Bar Luisiana era un popolare luogo di ritrovo per tutti, giovani ed anziani; il Bar Trento aveva ormai chiuso battenti e gli assidui frequentatori del posto erano stati costretti a trovare un altro punto d’incontro.

Gli inverni lunghissimi, bui ed umidi, le strade gocciolanti di pozzanghere, alberghi vuoti dai corridoi, scale e stanze piene solo di silenzi; nell’immaginario di noi bambini quelle immagini diventavano la rappresentazione tangibile delle nostre paure, un territorio in cui aleggiava il mistero. In questo, se vogliamo anche romantico contesto, il bar Luisiana, per me che ero una bambina, rappresentava un mondo caldo ed accogliente, un ambiente di luce rassicurante e benevole.

Li c’era mio amato nonno Luigi Prioli (Mastlan), ogni pomeriggio giocava a carte: briscola tre sette, scopa con gli amici di sempre; c’erano Aldo Berlini, Renatino Cica, Pico Zangheri, Tiziano Mulazzani, Agostino (Bruclitein), Valeriano della Rosa, Spartaco Selva, Poldo, Silvano Bacchini ed altri. Poi tra i più assi- dui frequentatori ricordo la generazione seguente dei fratelli Castellani,Tomassini, Fabbri, Maestri , Selva “Ciabusco” e Protti, “il Barone”; in pratica tutta l’Abissinia e chi gravitava attorno all’ASAR, che in quegli anni costituiva il polo giovane e vitale del nostro quartiere. Nei miei ricordi tanti amici di scuola, molti dei quali ho ritrovato solo in qualche triste occasione.

Il bar Luisana in macerie (Foto Gianni Zangheri)

Ricordo fra questi Giuseppe Faccani e suo fratello piccolino, quando un giorno, forse una domenica pomeriggio, l’atmosfera diventata più carica di odori e di fumo, correndo inciampò contro una porta di vetro e Dio! il sangue e le grida, la corsa all’ospedale…. L’ospedale sì, per fortuna c’era l’ospedale, che con i bar popolati da anziani aveva un filo diretto.

Ricordo un vecchio signore che colpito da malore, veniva portato in barella fuori dalla stanza piena di fumo e partendo, forse per il suo ultimo viaggio, salutava con la mano i compagni di gioco.

Ed ora… nella nebbia della memoria emergono dettagli: il giallo dei lupini “la fusaia”, che si era soliti consumare nelle serate della tombola, l’odore dei ceci, il colore sbiadito delle schede con i numeri magici, che se venivano estratti al momento giusto, per noi bambini era vincere il lotto.

Sopra tutto questo vigilava attento lo sguardo del padrone del bar: Gianni, che ho visto poi invecchiare seduto al sole di tanti pomeriggi estivi, accom- pagnato al muretto dell’aiuola dalla moglie austera, quasi severa nel fare, ma certo amorevole. Negli ultimi tempi, dopo la sua la sua scomparsa, le fioriere stracolme di fiori e sempre perfette non venivano più innaffiate. Quando Gianni si spense, le figlie dai lunghi capelli biondi, vivevano ormai altrove e lei, la moglie, non volle più saperne dell’intera “baracca”.

Forse era quell’amore che teneva insieme tutti quei mattoni, quei sassi, quelle condutture e quelle tegole. Ora il ricordo.

Alessandra Prioli

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